RadioDog
(if I can't dance, it's not my revolution)- racconti d'amore da terre resistenti
QUE PASARIA?
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C’è il sole quando entro nel piccolo Hospital Malta.
La finestra aperta sul bosco che circonda l’edificio, una signora mi guarda sofferente dal letto.

Arrivo finalmente sul retro.
C’è vento e c’è il sole e i colori sembra che brillino più del solito. Forse brillano solo per premiare la mia visita; anzi è sempre così per ogni compagn* che arriva dalla calda pianura di Santa Cruz e si arrampica qua alle pendici delle ande, ai confini del dolore, dove un sogno si è interrotto e ne sono iniziati milioni.

C’è il lavabo dove l’avevano disteso e intorno le ande, gli alberi piccoli e verdi,qualche malato. Il silenzio che mi spacca le orecchie da quanto è forte.

Sono investito dalle migliaia di scritte, di segni, sulle pareti di quella che è stata la gogna post-mortem di un uomo.

Nient’altro che un uomo: con l’asma e il vizio inconfessabile di zuccherare il mate.

Le leggo tutte le scritte e mi commuovo e mi fermo e mi metto a ridere .

” Che man of the people. We are still waiting for you!”. Kevin. Ireland.

” Senza perdere la tenerezza”.( incisa con un sasso). Diego. 77 anni. Cosenza

” Che tu fuiste un hombre digno, no heroico”. Thomas. Denmark.

” Ai tuoi ordini comandante, ma quanto è difficile seguirti”.Pino e Maura. Reggio Emilia.

” Tus doctores te saludan: Juan, Emilia, Yundelis, Luciana.”
Medicos cubanos.

E poi ci sono le promesse, e quelle sono le più belle.

” Che, tu hiciste lo tuyo. Ahora nos toca a nosotros” Alvaro. Chile.

” Ciao Che, io e Chiara abbiamo 28 anni ci sposiamo fra 3 mesi.Hasta la vicoria siempre” Fra e Chiara. Italia

Poi passo ai teorici e ai surrealisti.

” Dicen que ya no existe el proletariado, pero a mi me parece que los patrones siguen. Che, te necesitamos!”. Rafael. Equador.

” Che ,comandante, forgive us.” ( Anonimo)

Scrivo anche io.

Ma fra tutto questo silenzio, fra tutto questo verde e fra tutte queste vite, queste gioie, quest’amore, mi fermo.
Mi siedo sul lavabo.
Alzo lo sguardo.

Qualcuno ha scritto pure sul soffitto, con un sasso ha inciso grande una frase.

Quando 2 giorni dopo il colectivo mi riporta verso il caldo di Santa Cruz e poi verso la strada che mi riaccompagnerà in Europa, ci penso sempre alla frase.

Mi viene quasi un ghigno. Mi sento come un inventore che sta correndo all’ufficio brevetti con l’invenzione del secolo in mano.

E ci ripenso e non riesco a cacciarla via dalla zucca quella scritta.
Ci penso quando riabbraccio i compagni del Chiapas con cui mi abbuffo di thé e tajin a Bruxelles.

Ci penso quando Busy mi abbraccia sotto la neve,perché mi sono ricordato che febbraio è il mese dell’orgoglio nero e le ho fatto gli auguri.

Ci ripenso.

Alla frase, dico.
E il sorriso è facile da mantenere sul viso.

” Companeros,me pregunto, que pasaria si toda la gente que escribiò aquì, nos juntaremos?”

Melquiades

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