RadioDog
(if I can't dance, it's not my revolution)- racconti d'amore da terre resistenti
Nail, il pastore
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Ha meno di trent’anni. Il suo viso è già scolpito dal sole e dal vento. Vive in terra di Palestina. Ogni volta che lo incontriamo sorride e ci saluta con una presa a due mani, tendendo il bastone sotto braccio. Tutti i giorni, da novembre, esce a pascolare le pecore sui terreni dei suoi fratelli. Chi lo incontra per la prima volta dice che “basta vedere il suo sguardo per capire che è buono come il pane”.

Nella terra in cui è nato non piove spesso. A dire il vero non piove quasi mai. Solo nella stagione invernale veloci nuvole grigie portano acqua sufficiente a far rinascere la vita da quell’arido suolo. Lo sguardo di Nail non vede confini. La sua bussola lo porta laddove i prati sono più verdi e l’erba più rigogliosa. In questa generosa stagione le sue preoccupazioni sono due: pascolare al meglio le pecore e difendere i terreni palestinesi dall’espansione degli avamposti israeliani. Già, perché in questa terra ogni pastore, ogni contadino sa che se oggi non porta a brucare le greggi, non va a raccogliere le erbe aromatiche, non va a coltivare i campi che legalmente gli appartengono, domani arriverà un container, dopodomani una casa e, poco a poco, apparirà una nuova colonia. E allora ci sarà meno erba per gli animali, meno grano e meno olive per la famiglia, più attacchi violenti, più soldati e… meno umanità.

Nail ha imparato molto bene le regole che vigono nei territori occupati. È per questo che periodicamente porta con sé altri pastori provenienti dai villaggi circostanti: Qawawis, Al Karmil, Al Birke. Attraverso l’esempio insegna loro ad avere fermezza nel far valere i propri diritti.

Quando ci avviciniamo agli insediamenti dei coloni quasi sempre arrivano i soldati. Nail li guarda con occhi sorridenti e li saluta: “Alan uasalan” – Benvenuti – e allunga un braccio per una stretta di mano.

A volte i militari, un po’ timidamente, stringono la sua mano e gli spiegano che lui non può pascolare lì perché è troppo vicino all’avamposto, nonostante sia sulle proprie terre.

Allora un’accesa discussione ha inizio. Nail replica che è suo diritto pascolare in quel punto. Argomenta le sue ragioni. Conosce la legge. Sa che quella è terra palestinese e che può stare lì. Con l’aiuto dei volontari si mette in contatto con gli avvocati per fornire il maggior numero di dettagli.

A volte succede che i soldati lo lascino in pace lì dov’è, sorvegliando i suoi spostamenti.

Altre volte la divisa non è così gentile.

Altre volte i commilitoni parlano in modo arrogante, strafottente. Non stanno a sentire ragioni. Loro stessi sono la ragione. Tutto il resto è menzogna o leggenda. La verità è rappresentata dal mitra che tengono ben saldo tra le mani.

Queste volte succede che i militari alzino il tono della voce, urlino e dopo poco, scaccino le pecore calciando sassi, facendole correre giù dalla collina, obbligandole a scendere velocemente su pendii scoscesi. Obbligandole a ferirsi le zampe…

Queste stesse volte succede che una persona sia trattata come cosa e che non si riconosca più chi è uomo, chi macchina e chi animale.

Nail non teme il confronto. Una delle prime volte che i coloni lo hanno attaccato a sassate aveva la telecamera in mano, come sempre. E come sempre ha filmato tutto. Con i video in mano è andato a esporre denuncia alla stazione di polizia competente. Siccome gli israeliani hanno il controllo civile e militare su questo pezzo di Palestina, è dovuto recarsi a Kiryat Arba, la colonia di Hebron. Per cercare giustizia è andato nella bocca del leone. Quando ha mostrato i video agli agenti è stato incarcerato immediatamente. Paradossalmente e contro ogni evidenza è stato accusato di aver attaccato i coloni. Questi ultimi invece non hanno dovuto affrontare nessun tipo di conseguenza.

La seconda volta che è stato arrestato si trovava di fronte all’avamposto di Avigayil. Mentre stava spiegando ai poliziotti che è suo diritto pascolare in quella zona è stato tacciato di aver insultato l’uniforme. E così è stato portato di nuovo a Kiryat Arba. Detenuto e interrogato fino a tarda serata, è stato rilasciato perché i suoi video mostravano chiaramente che le accuse erano infondate.

Accuse che hanno il sapore amaro del pretesto per una detenzione arbitraria.

Nail cerca di vivere la sua vita in modo normale, pascolando le pecore.

Nail per questo da fastidio, soprattutto ai coloni. Sono passate solo alcune settimane da quando è stato attaccato vicino all’avamposto illegale di Mitzpe Yair.

Era pomeriggio. Stava tornando a casa con il suo gregge e la strada passa proprio sotto le costruzioni più estreme dell’avamposto. Sotto quella collina, nel momento in cui si è accorto che due coloni lo stavano attaccando era già troppo tardi. Dieci metri soltanto… Il pastore ha appena fatto in tempo ad accendere la telecamera. Ce li aveva già addosso. Lo hanno malmenato. La telecamera scaraventata qualche metro più in là. I video persi per sempre…

Nail difficilmente si dà per vinto. Una volta tornato a casa ha chiamato subito chi gli aveva dato la telecamera: un amico di B’Tselelm. La Subaru rossa fiammante non lo ha fatto aspettare molto.

E così sono partiti.

Prima tappa: ospedale. È necessario controllare l’assenza di lesioni gravi. Per fortuna si è trattato solo di qualche graffio e qualche livido. Nessuna conseguenza grave.

Seconda tappa: Kiryat Arba. Di nuovo ed instancabilmente Kiryat Arba. Il pastore ha voluto assolutamente denunciare l’accaduto. Nonostante tutto, crede che qualche forma di giustizia terrena esista ancora nel luogo in cui è nato.

È ormai tarda serata quando la Subaru rossa si parcheggia davanti a casa nostra per la terza e ultima tappa della giornata. Nail è sorridente. Come sempre. Quando, un po’ preoccupato, gli chiedo come sta mi risponde: “Tutto bene, a Kiryat Arba non mi hanno arrestato”. Da lì capisco che non c’è discrepanza tra la sua espressione e il suo stato d’animo. Nail è davvero contento. Sembra incredibile ma è contento perché ha potuto esporre denuncia senza che le conseguenze del suo atto gli si ritorcessero contro, come solitamente accade in terra di Palestina.

Non passa neanche il tempo di una luna prima che il pastore venga nuovamente aggredito. Il colono “responsabile della sicurezza” di Avigayil valuta che Nail si è avvicinato troppo al “suo” avamposto. Ed è così che decide di correre verso di lui per prenderlo a cazzotti. Tre, quattro colpi sono già stati assestati quando due attivisti israeliani riescono finalmente a interporsi, evitando così il peggio. Uno scambio di battute in ebraico e il colono se la prende con le pecore… e poi attacca di nuovo, di fronte a un impassibile soldato che assiste alla scena da un metro e mezzo di distanza.

Nail se la caverà, come sempre.

 

C’è chi dice che Nail non dovrebbe andare così vicino agli avamposti.

C’è chi dice che Nail non dovrebbe andare a pascolare quando non vi sono altri palestinesi con lui.

C’è chi dice che Nail non dovrebbe rischiare senza la presenza di internazionali o attivisti israeliani.

 

Qualcun’altro pensa che Nail stia semplicemente continuando a camminare…

senza mai smettere di sorridere

senza mai smettere di sognare

 

Il Gemello Buono

 

 

 

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