RadioDog
(if I can't dance, it's not my revolution)- racconti d'amore da terre resistenti
Tortillas Zapatistas

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Ishim in tzeltal non significa solo mais. Significa piantagioni immense abbarbicate su colline in salita, in mezzo alla selva. Significa camminare tre ore solo per raggiungere la milpa, machete che fa strada e bebè sulle spalle delle donne. Significa camminare chini sotto il sole sul terreno irregolare nella stagione della semina, e tra alte piante verdi quando è l’ora della raccolta. Ishim è cibo per una stagione intera, per i bambini e per i vecchi, per colazione come per cena. Per far crescere l’ishim, sulle colline del sud-est messicano, si fa un buco profondo nella terra smossa con un pesante palo di ferro, si accarezzano i chicchi di mais e poi si lasciano cadere nel buco, ricoprendoli di terra. Tra una pianta e l’altra di mais, spesso si semina una piantina di caffè. Quando è ora, con il machete si staccano le pannocchie con la loro copertina verde, si caricano in spalla e si portano a casa, dove verranno pulite. Con il mais in Chiapas si fa di tutto: dal pane, ai dolci, alle bevande. Ogni cosa ha un gusto differente, ma si tratta sempre di ishim. Di vita.

 

Los hombres de maiz” è un racconto del Subcomandante Insurgente Marcos.

“Il vecchio Antonio mi raccontò che quando gli dei crearono il mondo, vollero popolarlo di uomini. Così crearono gli uomini d’oro, belli, forti e brillanti, ma poi si resero conto che questi non potevano muoversi, non potevano camminare, né lavorare: erano troppo pesanti. Allora gli dei decisero di creare altri uomini, gli uomini di legno. Loro avevano la pelle color del legno, lavoravano molto, e molto camminavano. Gli dei però si resero conto che gli uomini d’oro iniziavano a sfruttare gli uomini di legno, e questo non era giusto. Allora gli dei decisero di creare altri uomini, gli uomini di mais. Persone buone, uomini e donne veri. Gli uomini di mais si rifugiarono sulle montagne, e con parole vere si decisero di lottare per liberare dalla schiavitù e dall’oppressione ogni uomo.

Il vecchio Antonio mi spiegò che gli uomini d’oro erano i ricchi, dalla pelle bianca, mentre gli uomini di legno erano i poveri, gli uomini dalla pelle scura. Entrambi aspettano la venuta degli uomini di mais. I primi con paura, i secondi con speranza. Chiesi al vecchio Antonio di che colore fosse la pelle degli uomini di mais, e lui mi mostrò tanti tipi di mais: giallo, rosa, nero, verde, blu, rosso, e mi disse: la loro pelle è di tutti i colori.”

 

tortillas

 

Per circa 14 tortillas servono:

– 2 tazze di farina di mais

– 1 tazza e 1/2 di acqua

– 1/2 cucchiaio di sale

Impastare bene farina, sale e acqua per una decina di minuti, finché l’impasto non sarà compatto, malleabile e non troppo secco. Formare delle bolitas grandi circa come un uovo. Per creare la forma delle vere tortillas chiapaneche, tonde e sottili, posare la prima bolita al centro di una bustina di plastica (quelle da congelatore vanno bene, oppure un ritaglio di pellicola trasparente), e coprirla con un’altra bustina. Posare poi una pirofila abbastanza grande e dal fondo piatto sulla bolita, e premere forte finché non si sarà formata una tortilla molto sottile. Per cuocere le tortillas, in Chiapas ogni cucina ha una sartèn, ovvero una piastra sottile di ferro, poggiata direttamente sul fuoco, che diventa caldissima. In assenza della sartèn, si può usare una padella, da far scaldare molto bene. Poggiare delicatamente la tortilla appena formata. Quando la tortilla inizia a gonfiarsi (dopo circa un minuto) è ora di girarla. Dopo un altro minuto è pronta. Per mantenerle morbide e fragranti, chiuderle ancora calde in un panno di cotone. Con le tortillas si può mangiare di tutto: fagioli, pollo, lenticchie, carne, verdure, salse. Provecho!

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