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(if I can't dance, it's not my revolution)- racconti d'amore da terre resistenti
“Ciò che ho scritto di voi”. Ovvero della guerra giusta nel nome della pace e altri residuati bellici.
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“Ciò che ho scritto di noi è tutta una bugia/ ciò che ho scritto di noi è tutta verità.”

Affacciati sul precipizio del terzo millennio dei nuovi interventi militari, da quelli recenti del socialista Hollande in Mali (e in Congo per i ben informati), a quello sinora ufficioso in Siria di numerosi governi, che aspetta di vestirsi col mantello dell’ufficialità, le parole di Nazim Hikmet mi suonano come un bellissimo lusso , un pugno in faccia alla pietà.

Quale la bugia raccontata ai popoli rispetto a secoli di guerre?  Non c’è bisogno di leggere le fasi dell’imperialismo di Lenin per articolare una risposta, basta andare a farsi un giro per un qualsiasi quartiere ricco di un qualsiasi paese europeo e poi farsene uno in un qualsiasi paese dell’ex terzo mondo, spiegherete la stragrande maggioranza dei conflitti combattutti nel nostro I-mondo senza bisogno di un Indigno-app.

Se la bugia ci è chiara e assume il volto di un diamante come di un dentifricio o di uno schermo di un tablet, a fronte di stati nazione che continuano ad acquistare, vendere e produrre armi, che si impegnano a sborsare miliardi per strike-jet come gli F-35, sta a dire, stati come il nostro,  la verità che dobbiamo raccontare non è quella di un’improvviso desiderio di riscatto bellico o di un simultaneo delirio securitario, quanto piuttosto una vecchia tradizione portata avanti trasversalmente da tutte le forze politiche nostrane.

La sinistra, i socialisti e i comunisti, in questo senso sono da considerare dei veri e propri veterani.

Esemplificativo in questo senso  fu Costantino Lazzari, leader marxista del PSI ai tempi in cui “lotta di classe” non era l’ultimo libro di Rossana Rossanda e  ancora la CGIL avrebbe avuto ragione di esistere, che per giustificare l’intervento italiano nella grande guerra coniò il motto ” Ne’ aderire ne’ sabotare”. Da quel vergognoso e ponziopilatesco dictum la sinistra europea e italiana, la sinistra comunista, socialista, stalinista, migliorista e poi diessina democratica ed ecofriendly mai si è discostata di un metro , e se lo ha fatto chi lo ha fatto è stato punito. E’ del 2007 l’espulsione da Rifondazione Comunista dei soli 5 che votarono contro al rifinanziamento della guerra in Afghanistan e la loro esposizione sulla gogna mediatica imbandita dai soliti noti come traditori, imbecilli, ingenui, è solo un esempio di questa nobile tendenza a giustificare la guerra.

Perché ci volete raccontare adesso,disonorevoli servi e bugiardi, che gli interventi, le guerre umanitarie come le chiamate voi sui vostri giornali, gli acquisti di armi, assumono un carattere di eccezionalità dati gli impegni internazionali? Sembra quasi di sentirlo Bersani quando con arroganza afferma che ” i vincoli”, “gli impegni internazionali” i “patti” ( alla faccia dell’India). La bugia, quella che senza bisogno di mastri geppetti che vi intagliano ci raccontate, o meglio vi raccontate da due secoli è quella che per Hikmet alla fine ” è tutta verità” e cioè che vi piace fare la guerra e far parlare le armi per voi.

Per voi non è un problema stanziare miliardi per la produzione di armi, venderle e giustificare chi fa della forza militare la sua razionalità insanguinata. Per questo, ammetto che mi fa tenerezza chi di noi cerca ancora di convincervi della giustezza di una ragione che non si esprime con le bombe perché tanto, come scrive  John Holloway, ” anche nel caso di una vittoria militare, quelle che avranno trionfato saranno le relazioni sociali capitalistiche” e quindi a voi va benissimo guagliò! Proprio quello che vi convince e ingrassa, le relazioni di consumo che si generano da una guerra.

Ma almeno non provate a nascondervi sotto gli anni che passano, io so chi siete biricchini! Siete gli stessi che applaudivano ai Repubblicani che trucidavano i compagni del POUM in Spagna, e la Catalogna la “omaggiavano” con carichi di fucili made in Stalinland per silenziare una rivoluzione. Gli stessi che brindavano alle torture e all’esecuzione di Andres Nin a Barcelona. Siete quelli della ragione del forte, de ” il fine giustifica i mezzi” senza aver mai letto Machiavelli, siete quelli che diventate Presidenti della Repubblica e parlavate e pensavate così:

” L ‘intervento sovietico in Ungheria, evitando che nel cuore d’Europa si creasse un focolaio di provocazioni e permettendo all’Urss di intervenire con decisione e con forza per fermare la aggressione imperialista nel Medio Oriente abbia contribuito, oltre che ad impedire che l’Ungheria cadesse nel caos e nella controrivoluzione e in misura decisiva, non già a difendere solo gli interessi militari e strategici dell’Urss ma a salvare la pace nel mondo” (Giorgio Napolitano ,nov. 1956 da http://www.fattisentire.org/modules.php?name=News&file=articlesid=1956)

Siete gli stessi che vi sentite uomini di stato per minarne la pace ogni giorno con le vostre scelte. Non siete una sgradevole sorpresa dell’I-presente di mediocritas e convergenze parallele con la destra che tanto disprezzate. Venite da lontano, come viene da lontano la violenza del forte che combatteremo ancora con la dignità dell’essere uomini e ribelli nelle piccole scelte che facciamo ogni giorno, a partire dal non regalarvi una dignità che non avete mai indossato. ( E neppure altri due euro per riaffermarne una nuova).

A volte ho sognato  che non c’eravate mai stati e che distinguere indiani e cow-boys sarebbe stato più semplice, ma vi ringrazio perché è solo nel grigio della vostra violenza che distinguo i colori della nostra risposta.  In ogni caso potrete cambiare marmitta e mettere il petrolio ecologico nel vostro motore, ridipingere le vostre bandiere e usare nuove parole, saremo li a ricordarvi chi siete e chi vi piace essere, perché è nella conoscenza delle vostra violenza istituzionale,legalizzata e benedetta dalle vostre organizzazioni internazionali che affermiamo il rifiuto di ogni guerra.

” Insieme ai muri crollano/  le verità di comodo. . .”

C’è un terremoto ogni giorno.

 

Dopo le prime vittime civili dei bombardamenti non ebbe mai un momento di pentimento per le sue scelte?

D’Alema: Pentito no, mai. Continuo però ancora oggi a pensare che non era necessario bombardare Belgrado. Penso che ci voglia sempre una misura e una intelligenza nell’uso della forza, ma difendo il principio secondo cui ci sono momenti in cui è inevitabile, quando si tratta di difendere valori come i diritti umani, che non possono essere accantonati nel nome della sovranità nazionale. ( da http://www.peacelink.it/editoriale/a/29277.html)

 

DIèVEL

 

 

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