Un muro lungo, un prato ispido e sporco
stanno lì, indifferenti, a separare anime.
Anime libere da anime rinchiuse.
La luce della sera sembra non riuscire a infiltrarsi tra le sbarre alle finestre
centinaia di braccia si protendono al cielo.
Un fazzoletto rosso
si staglia nel grigiore di un’umanità ridotta
a braccia che si agitano verso il cielo.
Note di canzoni si librano leggere nel prato, tutt’intorno
si infrangono sull’alto muro,
tornano indietro.
Nemmeno le libere note sembrano poter arrivare a quelle sbarre
infiltrarsi distorte nelle orecchie di un’umanità ridotta
a urla incomprensibili.
La mia libertà è insensata
non sono diversa da quelle anime rinchiuse.
La mia libertà mi dà vergogna.
ἐλευθερία