Cominciamo con la prima puntata di (R)EsisteLampedusa, viaggio di 3 giorni con la comunità di movimenti, migranti, centri-sociali e attivisti sull’isola di tartarughe e lager democratici, assieme alla nostra moltitudinaria Comunità Resistente e itinerante di RADIODOG, fra scritture di diritti dal basso, interviste, video, poesie e rivolta.
Sabbia e Sangue
Lampedusa ti accoglie dal mare e dal cielo con una costa di faraglioni a picco sull’acqua. L’ocra sporco dei muri delle case ti entra negli occhi insieme al blu profondo del mare tutt’intorno. Un vento potente e rumoroso sferza i rami degli ulivi e solleva la sabbia. Lampedusa è uno scoglio in mezzo al mare, un luogo di mezzo, lontano dall’Africa, lontano dall’Europa.
Lampedusa è insieme quiete e tempesta, meraviglia e orrore, bellezza e malattia.
Quest’isola in inverno è una poesia stanca, un sospiro dopo un urlo.
Calpestata nel tempo da sandali, scarponi e nudi piedi, ha la forma che i tanti passaggi hanno voluto darle.
I sandali dei pescatori dalle rughe solcate dal sole.
Gli scarponi dei militari armati di odio.
I nudi piedi di chi è arrivato dal mare.
Le serrande delle case sono quasi tutte chiuse, ma strade sono piene di uomini in divisa di ogni colore. L’isola è una grande base militare, non si sprecano rappresentanti di ogni ordine di forze armate: polizia, carabinieri, esercito, guardia costiera e guardia di finanza sono solo alcuni. Questa massiccia presenza rende l’isola caserma, stupra la sua bellezza e la obbliga ad essere un’enorme prigione a cielo aperto. La Fortezza Europa inizia qui: nelle alti reti che circondano il centro di identificazione, nelle pistole dei militari, nel cimitero di barconi davanti al porto.
C’è una discarica di barche davanti al mare, sono le barche dei migranti che hanno raggiunto Lampedusa, che sono state recuperate dal mare, o vomitate dalle onde. Queste assi di legno marcio, scrostate e divelte, hanno attraversato il mare enorme e sono state le tombe di centinaia di anime di cui non conosciamo nemmeno il nome. Altro non sono che un sanguinoso monumento alle nostre leggi, un macabro souvenir dalla pacifica Europa. Un feticcio pietoso per chi usa la retorica dell’accoglienza e poi ricorda la necessità di proteggere i confini.
Poco più in là del porto, la Porta. Il punto più a sud d’Italia, la porta d’Europa, un monumento ai migranti che cercano di raggiungere questa terra. La porta è stretta e senza bandiere, intorno ci sono solo rocce e arbusti.
Lampedusa è sabbia e sangue. Se cancelli la linea di confine, rimane la sabbia.
Leventnousportera
[…] tramite l’impegno costante per una vita più degna perché fatta di scelte e promesse. (R)esisteLampedusa è il nome che abbiamo dato alla raccolta dei racconti di chi di noi ha partecipato alla scrittura […]