RadioDog
(if I can't dance, it's not my revolution)- racconti d'amore da terre resistenti
Tumi, choto mojbut manush
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Piccolo uomo, non pronuncerò il tuo nome ad alta voce, lo scriverò solo con un dito sulla superficie del mare, tra le onde che hai ascoltato e quelle che sono sicura hai sognato. Non è la tua o la mia, è una storia come tante, una storia che già mi sono immaginata di raccontare in un luogo lontano a chissà chi. Te la regalo come viene, così che tu un giorno la possa dedicare a qualche altro piccolo uomo.

 

Ora ti prego, quando girerai il tuo viso a destra e poi a sinistra, delicatamente, e allungherai la tua fragile mano verso il mondo, chiudi gli occhi e ascolta. Ti regalo quello che vedono i miei occhi. Ti regalo quello che il tuo sguardo non può scorgere. Una piccola parte, il resto tocca a te. Addormentati se puoi e sogna tutto questo con colori vivaci.

 

C’era una volta un tondo, o meglio per alcuni fino a poco tempo fa era un quadrato, poi un uomo guardò meglio e disse che era un tondo. Su questo tondo tutto colorato di azzurro, verde e grigio, che chiameremo Mondo, vivono tanti piccoli uomini come te. Ebbene sì, c’è chi vive con i piedi a terra e chi vive a testa in giù, ma per magia non si è ancora fatto male nessuno. Non abbiamo tutti la pelle dello stesso colore; immagino ti sarai fatto già questa domanda. La tua assomiglia alla mia, nonostante tutti i volti che ti circondano siano bruciati dal sole.

 

È come pensare di fare tanti piccoli punti con il pennarello blu che ti piace tanto, su questo tondo, tantissimi, tutti vicini. Ora per ciascuno di essi pensa ad una storia, vorrei che ti inventassi le storie più esilaranti e più belle che tu possa mai immaginare, poi con un altro pennarello unisci i puntini. Traccia linee morbide e tenere per gli amanti che questa notte stanno facendo l’amore, traccia linee infinite per i viaggiatori senza meta, e regalagli una sosta tra le braccia di qualcuno, disegna linee spezzate per gli uomini e le donne che si svegliano perché devono, ma alcune volte non vorrebbero farlo, disegna linee incerte ed impotenti per quegli uomini che cercano fortuna dall’altra parte del mare e trovano solo tanti punti neri ad aspettarli, traccia linee salde e ben marcate tutte le volte che vedrai un puntino che lotta, per un puntino che prende sotto braccio, per quello che non rimane indifferente, per quello che si commuove, per quello che nonostante tutto non perde la tenerezza, ma soprattutto per tutti quelli che credono nella parola noi.

 

Con l’inchiostro rimasto potrei aiutarti a tracciare le linee più disumane e più crudeli tra quei puntini piccoli che in nome di qualche bandiera o ideale perverso stanno macchiando di rosso il tuo bel disegno, che stanno cancellando i paesaggi più belli e distruggendo le storie d’amore. Non oggi, perché dovrei spiegarti anche il sottile limite tra il disgusto, la rabbia, il giudizio, il pianto e il mio faticoso e incazzato credere comunque instancabilmente nel perdono e nell’essere umano. Ancora non lo so per certo, credo stia nella capacità di amare. O forse no.

 

Girando la testa, piccolo uomo, tu ora ridi di questo scarabocchio senza senso. Protendi la tua fragile mano verso il foglio, e io lo avvicino a te, perché se anche fosse qualche centimetro più in là tu non potresti arrivarci. Io lo so che arriverà il maledetto giorno in cui sentirai la voglia irrefrenabile di vivere, che con tutto te stesso vorresti che al di là del tuo pugno chiuso iniziasse una canzone e che la tua anima per un solo giorno non si sentisse prigioniera di se stessa, chiusa e soffocata tra il volersi sentire vivere e il non poterlo fare. Tra il poter scegliere dove andare, chi amare. Avere una donna nel letto e poterle dire ti amo.

 

Con l’inchiostro rimasto scriverò per te la parola RESISTENZA, e ti aiuterò a tracciare linee solide che solcano il tondo, quelle linee che nella confusione del Mondo uniscono tanti lontani puntini che molte volte non scelgono di doverla vivere. Spiegata a te, piccolo uomo, potrei dirti di immaginarla come la storia del Piccolo Principe e della volpe o come le canzoni che ti faccio ascoltare tutti i giorni alla mattina, avvicinando le cuffie alle tue orecchie. E’ la decisione insindacabile di esistere, qui e ora, ancora e poi ancora, anzi in realtà credo sia la scelta di continuare ad esistere, ri-esistere ogni maledetto attimo resistendo.

 

Non ti dirò che è semplice, perché ti mentirei e tu non potresti replicare, ti dico solo che non sei solo. Ci sono uomini intorno a te, in questo tondo le cui tremanti mani sfiorano ogni giorno un muro. Muri fisici, corpi e vite, che come te protendono la mano e laddove finisce il palmo inizia l’immaginazione. Ci sono uomini che hanno riposto ogni speranza nelle onde di quei pochi chilometri di mare e hanno dato al colore del grano l’odore di una nuova vita, il suono del silenzio e la speranza di sentire poi solo profumo di limoni ed arance.

Tra queste mura oggi resistono al grido soffocato di giustizia, continuano a ri-esistere oltre allo straziante e limitato sguardo.

 

Ci sono uomini in una terra lontana che sono stati chiusi in gabbia, da una parte il muro e dall’altra il mare. Li non cresce il grano, ma l’odore della libertà ha attraversato anche le pareti più alte.

 

Potrei andare avanti per ore, ma voglio comunque che tu sorrida sempre, come sai fare.

 

Per te, per loro e per i tanti noi, resistere credo sia ogni giorno scegliere di ri-esistere per la speranza di riprendersi il colore del grano e per la consapevolezza che le undici di mattina arriveranno ogni giorno e forse, spererai chissà dove e con chissà di ascoltare la tua canzone. Forse è poco per sopportare l’oppressione, l’impotenza e la solitudine, credo di si, ma oggi con tutte le mie forze, vi chiedo e ti chiedo piccolo uomo di RESISTERE e di continuare ad esistere, con il tuo sorriso che forse mi ha detto più di mille parole.

Ti chiedo solo di ricordarti, quando arriverà quel maledetto giorno che non sei solo.

 

Né in prigione, né a lottare.

 

Ti ho raccontato tutto questo non in un giorno a caso tra i tanti; nel luogo dal quale la mia pelle proviene oggi per qualche puntino rosso disegnato qua e là sopra questo vecchio stivale è un giorno importante. Guardando il tuo sorriso, il luogo dal quale la mia coscienza proviene mi scuserà se non dedico questa giornata alle vittorie, a chi ha resistito e ora guardandosi intorno, in questo tondo, può dire a stento di esistere.

Oggi te la regalo questa parola, a te, piccolo uomo, che non hai scelto di doverla vivere, a te che protendi la mano e lo sguardo con forza per catturare il mondo, per afferrare ogni volta il senso del tuo ri-esistere.

 

Forse, l’unico rimpianto, piccolo uomo, è quello di averti fatto vedere come sono fatte le onde del mare.

Karla

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