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Babbo Natale non abita in Chiapas – Di Stragi di Stato, Mafiologhi e EZLN
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E’ dicembre a San Cristobal de Las Casas. Fra poco sarà Natale e la città si coccola nei colori delle sue case e nei suoi odori, accogliendo silenziosa la speranza di molti che le feste scaccino via un anno, il 2014, terribile per il Chiapas e per il paese, che Babbo Natale porti in dono pace e giustizia.

La notte arriva correndo assieme al vento dell’altopiano, portando con se oltre il freddo, la paura di molti messicani di non vedere più i propri figli, di essere eliminati/e in qualche caserma o di essere cacciati/e dalla propria terra per fare spazio all’ennesima impresa straniera.

Dall’assassinio di Galeano, il maestro zapatista brutalmente ucciso a Maggio, la distruzione della scuola autonoma della Realidad, l’incarceramento dei leaders della Tribù Yaqui nel nord del paese e dell’uccisione di numerosi e numerose leader comunitari nello stato di Oaxaca sono passati solo pochi mesi, eppure in questo paese/continente un fatto più grande è riuscito a cancellare un’anno di soprusi di Stato:

Il sequestro e la sparizione di 42 studenti della normale di Ayotzinapa, ormai celebre in tutto il mondo e le proteste che senza sosta si stanno susseguendo nel mondo e nel paese da ottobre e che coinvolgendo familiari, studenti, settori operai e campesini della società messicana oltre che l’Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale(EZLN) che nel giorno 15 di novembre ha ricevuto i familiari delle vittime nel Caracol di Oventik, reclamano giustizia.

Scrivo “42” perché è di pochi giorni fa la notizia, ( confermata dal governo federale), che alcuni resti del cadavere di Alejandro Mora Venancio sono stati ritrovati e riconosciuti dal team di esperti argentini che da mesi sono sulle tracce dei normalisti.

Il 2014 è stato forse uno degli anni più duri per un paese che, se continuerà a sostenere il ritmo di sparizioni calcolato dall’inizio mandato di Enrique Pena Nieto e mantenuto negli scorsi due anni, raggiungerà la cifra impressionante di 200.000 desaparecidos nel 2018.

Tuttavia i fatti di Ayotzinapa non devono e non possono essere presentati all’opinione pubblica internazionale come un fatto isolato ne’ come qualcosa di inspiegabile.

Solo durante quest’anno i desaparecidos , quelli registrati e denunciati alle autorità, sono 25.000 in tutto il paese, dei quali la stragrande maggioranza proveniente dagli stati di Guerrero e Chiapas, storicamente focolai della protesta sociale e anche gli stati più poveri della confederazione.

E’ proprio questa una possibile chiave per leggere l’aumento delle sparizioni e degli omicidi nel Messico della crescita e dell’apertura incondizionata al capitale internazionale: un paese che non può più permettersi “nuovi Chiapas”.

Chiunque si opponga all’ormai ventennale processo di svendita delle risorse nazionali viene ucciso o fatto sparire.

Non tutti coloro che manifestavano e manifestano in Europa e nel mondo conoscono la storia della rurale di Ayotzinapa. Un’ università frequentata da Lucio Cabañas, lo Zapata del Guerrero e i cui studenti da almeno 60 anni sono protagonisti di rivolte e di organizzazioni di movimenti storici come “El Partido del Los Pobres”.

Per questo sono stati uccisi.

Perché anticapitalisti e perché organizzati.

Suonerà antipatico ma è triste e sconcertante per esempio, leggere che le vittime di mafia in Italia scrivano ai familiari degli studenti messicani. La “mafia”, il “narco”, in questa storia non c’entra nulla.

Dal carcere alle Vallette di Torino ai commissariati di Istanbul, è la rivolta contro la finta democrazia neoliberale ciò che il mal governo, i mal governi reprimono.

La criminalità organizzata rappresenta uno degli strumenti che lo Stato utilizza. A volte per attaccare avversari politici, a volte come capro espiatorio su cui scaricare le proprie responsabilità e quelle dell’Esercito (cosa che in Messico avviene da anni).

Questo aspetto è stato sottolineato costantemente in tutte le proteste che hanno attraversato il paese; proprio per non umiliare le storie di lotta degli studenti desaparecidos bollandoli come vittime della solita guerra fra Stato e Mafia e così facendo ucciderli una seconda volta.

Consci di ciò, il lavoro di FrayBa, il soggetto politico che da 25 anni accompagna nelle comunità, nei tribunali e nei carceri il movimento zapatista,  in questi mesi di grande ribellione di piazza e di campo,  è continuato imperterrito e coraggioso, incontrando le centinaia di storie, di casi e di dolori che ogni giorno da anni costruiscono la sanguinolenta Ayptzinapa che non viene riconosciuta dal mal governo ne’ degnata di un tweet dai militanti internazionali.

La storia con cui gli zapatisti, come gli studenti e i popoli originari convivono da sempre, come detto bene dalla comandancia dell’EZLN:

“Noi vi parliamo di ciò che conosciamo perché è già parte della nostra storia.”

Parte della storia, del nostro lavoro quotidiano qui in Chiapas,è convivere con queste storie e trasformarle in dignità che cammina sola e fiera.

A ragione di ciò, in questo tempo di dolore ma anche di lotta e di grandi entusiasmi per una congiuntura favorevole ai movimenti, a “los de abajo” ( “a quelli di sotto”), non festeggiamo ne’ ci emozioniamo.

Il lavoro è tanto e bisogna sempre stare all’erta.

Oggi è più che mai importante visibilizzare e riconoscere il lavoro di un centro come FrayBa che dal 1989 lotta contro l’impunità e il terrorismo di stato a fianco degli zapatisti e dei popoli originari e per fermare le Ayotzinape prima che accadano e non scegliere come gestirne gli effetti.

Nessuno si illuda che con l’indignazione, con il dolore o con l’entusiasmo e la rabbia si fermi la spirale di sangue che avvolge il Messico.

Questo si crea con l’organizzazione e con l’abbattimento del sistema capitalistico neoliberale, camminando e domandando sulle proprie gambe, costruendo l’Autonomia.

Inoltre oggi più che che mai è altrettanto importante visibilizzare il ruolo dello zapatismo nel paese e nel mondo, un movimento indigeno che solo con le sue forze da 30 anni paga non solo per lottare contro la morte, ma anche per la maniera in cui sceglie di farlo,ovvero, senza fare sconti a nessuno e combattendo la violenza strutturale del neoliberismo e non le sue articolazioni a seconda degli avvenimenti, siano desaparecidos, sindacalisti ammazzati, brogli elettorali,torture, narcotraffico o espropri di terre.

Per  questo NOI, ogni giorno ci onoriamo di accompagnare le storie, (di dolore e di gioia) e la storia, del movimento dei movimenti perché, come nel comunicato della comandancia dell’EZLN ai familiari dei normalistas sappiamo bene che

“Chi punta su un calendario di sopra o su una scadenza, vi abbandonerà quando apparirà una nuova scadenza all’orizzonte.

Noi pensiamo che le congiunture che trasformano il mondo non nascono dai calendari di sopra, ma sono create dal lavoro quotidiano, tenace e continuo di coloro che scelgono di organizzarsi invece di unirsi alla moda di turno.

La trasformazione reale non sarà un cambio di governo, ma di relazione, per la quale il popolo comandi e il governo obbedisca (. .) affinché non si ripeta e che l’essere giovane e studente, o donna, o bambino, o migrante, o indigeno, eccetera, non sia un marchio attraverso il quale il boia di turno identifichi la sua prossima vittima.”

In una donna violentata dal marito , nelle torture a una famiglia perché si è rifiutata di votare alle elezioni, in un conflitto fra zapatisti e governo per un campo di pallone o una scuola autonoma e in tutte le storie che incontriamo ogni giorno come FrayBa: li abitano tutte le Ayotzinape del paese e del mondo che bisogna combattere.

E’ quasi natale a San Cristobal del Las Casas, Chiapas, ma Babbo natale non serve a nulla qui, dove pochi e lentamente, ma con pazienza, ci prendiamo da soli, ogni giorno, tutti i regali che ci servono.

Tutti i regali per tutti. Senza bisogno di Babbo Natale.

 

Colocho

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