RadioDog
(if I can't dance, it's not my revolution)- racconti d'amore da terre resistenti
L’ATLETICA DEMOCRAZIA DEL CINEMA
Categories: Main

hollywoodsign1978

L’ATLETICA DEMOCRAZIA DEL CINEMA

Titoli di testa

«Udii che cercate qualcosa che vi spieghi l’enigma del Nuovo Mondo, che definisca l’America e la sua atletica
Democrazia». Così scriveva, a metà dell’800, il grande Walt Whitman. E si è detto di tutto sulla democrazia,
ma l’aggettivo “atletica” forse lui è stato il solo all’altezza di usarlo.
Atletico: senza dubbio questo termine evoca qualcosa di dinamico. L’immagine che ce ne facciamo è di un
che di sportivo: gare, sudore, muscoli in tensione. In effetti, un organismo può essere detto atletico quando
è costantemente allenato ed è perciò in grado di sopportare al meglio la fatica. Un corpo che è capace di
reagire in maniera elastica agli sforzi cui viene sottoposto. Anzi: ad essere più precisi, dovremmo dire che è
proprio in virtù di questi sforzi che l’organismo acquisisce maggiore elasticità e potenza. Lo stress e la fatica
gli permettono di crescere in efficienza. In una competizione, solo un organismo atletico, dunque, può
ambire in maniera razionale alla vittoria.
Se volessimo usare dei termini più astratti, potremmo dire che l’atleticità è la capacità di non soccombere
alla crisi, ma, anzi, di uscirne rafforzati.
Definire gli Stati Uniti d’America una “elastica democrazia” è, allora, centrarne il nucleo effettivo. Nessuna
nazione al mondo, infatti, è capace di rafforzarsi mediante le proprie negazioni come gli Stati Uniti. La
democrazia americana è l’esempio lampante del sopportare le proprie contraddizioni strutturali, non
facendosene annientare, ma, al contrario, nutrendosene.

Piano sequenza

A metà degli anni ’90, lo scienziato politico Samuel P. Huntington, al massimo della sua indignazione, scrisse
che l’essenza dell’Occidente è la Magna Carta, non McDonald’s. Ma allora verrebbe da chiedersi come mai
abbia sentito la necessità di ricordarlo, se la cosa fosse stata davvero così ovvia.
La verità è che se una frase del genere la si dicesse in relazione all’India o al Sudafrica certo suonerebbe
stridente, o quanto meno dal dubbio accostamento. Ma è innegabile che “l’atletica democrazia” americana,
di cui Huntington difendeva il predominio a spada tratta, si rivela al mondo anche e innanzitutto per mezzo
dei suoi prodotti di mercato. Quindi anche sotto l’inquietante aspetto del pagliaccio Ronald. O di una lattina
Coca Cola. O della monumentale scritta bianca Hollywood.
Già, proprio Hollywood, uno dei prodotti più appariscenti che gli Stati Uniti abbiano mai prodotto su scala
planetaria. Hollywood: probabilmente gli Stati Uniti sono l’unica superpotenza al mondo ad avere un
proprio palcoscenico personale di rilevanza mondiale. E tutte le contraddizioni americane sembrano
confluire costantemente in questa vetrina luccicante. E, una volta l’anno, assumere il sapore – tutto
americano – della sfida all’ultimo sangue, nella celeberrima notte di smoking, flash e romantici red carpets.

Flash-forward

24 febbraio 2013 – Notte degli Oscar. Fra le tante nomination, a conti fatti si capisce che a contendersi le
statuette di maggior pregio ci sono solo due film, curiosamente – o forse no – connotati entrambi da
espliciti riferimenti politici. Eppure, se una pellicola, l’Argo di Ben Affleck, sembra una severa critica alla
politica estera statunitense, l’altra, il Lincoln di Steven Spielberg, celebra esplicitamente uno degli eroi
chiave della democrazia americana.
E sembra del tutto innocente chiedersi come possano trovarsi faccia a faccia, sul più grande palco
cinematografico del mondo, nella finale delle finali, due film che mostrano facce opposte della medaglia.
Come possono essere ritenuti degni di vittoria, nello stesso momento (storico), due figli della stessa madre,
che da questa stessa madre vengono premiati, e che tuttavia proprio a questa madre sembrano rivolgersi in
modo tanto diverso?
Perché, alla fine della visione, ci si
domanderà: ma allora cosa sono gli
Stati Uniti? La culla della
democrazia occidentale, patria dei
diritti e della libertà – o la cinica
potenza che manovra governi per i
propri subdoli scopi economici,
indifferente alla sorte di milioni di
persone?
Si capisce allora che è proprio per questo che l’America può essere definita un’“atletica” democrazia. È
perché dentro di sé non ha un’anima sola, ma tante: contiene pluralità che si combattono, che dicono verità
diverse, e che ciononostante non le sfregiano il volto, ma anzi le conferiscono luce, bellezza, quel velo
patinato che tutti invidiano, talvolta americani stessi compresi. Il sogno americano non è unico, ma duplice.
È il sé che convive con le sue negazioni.
Perché è solo così che si spiegherebbe l’ultimo secolo di storia americana, palcoscenico delle più grandi
contraddizioni: i peggiori massacri e le più potenti lotte per i diritti civili, la sfrenata sete di potere e i più
forti esempi di movimentazione dal basso. La proclamazione del valore universale della Libertà contro il
Paese che esporta guerra come fosse un merchandising.
E il cinema non fa che rispecchiare quest’anima tormentata. Mette in scena il Lincoln paladino della lotta
contro la schiavitù, padre della democrazia made in U.S.A., ma non ne tace le ombre, le debolezze. Muove
passi decisi contro la propria politica in Medio Oriente, contro le subdole macchinazioni dei suoi servizi
segreti, ma non dimentica che, sotto sotto, ci sono uomini (americani) coraggiosi, che hanno il coraggio di
disubbidire e seguire il giusto quando è necessario.
Dettaglio non trascurabile: entrambe le pellicole sono riproduzioni di fatti realmente accaduti. Come a dire:
la Storia ci è testimone, le cose stanno proprio così.
E alla fine si esce dal cinema lasciandosi andare ad un lungo sospiro. Così è l’America. Come la fatiscente
scritta “Hollywood” nel film di Affleck: svettante, orgogliosa, seppur logora e cadente a pezzi.

Titoli di coda

Si aspettano con ansia i discorsi per la consegna dei premi. Perché, a conti fatti, quella statuetta d’oro
sembra la sola cosa unica e uguale per tutti.

Tübingen

1 Comment to “L’ATLETICA DEMOCRAZIA DEL CINEMA”

  1. L'AnarchicoDanzante ha detto:

    Ma cos’è successo al Sogno Americano? Si domandava il supereroe travestito da batman. Gli risponde Il Comico, non Grillo o Berlusconi o il Benigni in odore di beatificazione che riempie le piazze di salmodianti proclami pseudoteologici, escrementi di una cultura pret-a porter utile a riunire mediaticamente una nazione esangue, no, il comico ‘personaggio di un mediocre film hollywoodiano dal titolo watchmen. La scena è quella di un’ apocalittica devastazione urbana e anarchia strisciante in cui i supereroi intervengono a sedare una sommossa. Cos’è successo, dunque, al sogno americano?
    “Che si è avverato, lo stiamo ammirando!”
    oltre la metaforica del camaleontico profilo dell’america delle speranze e delle possibilità infinite, appena sotto quella fatiscente e insieme scintillante scritta che propaganda incessantemente una supremazia simbolica si annedano, neanche troppo adombrate, non tanto le contraddizioni quanto piuttosto le coerenze dell’america. ” la sfrenata sete di potere e i più
    forti esempi di movimentazione dal basso”. la favola che ci racconta ogni settimana Rampini su Repubblica, a testimonianza della demagogia liberal che s’impegna con fin troppo zelo nel ricordarci quanta distanza ci separi- noi pezzenti e retrogradi figli di un dio minore- dalla grande patria del fermento, il laboratorio del tutto è possibile, con relativa ommissione del “a meno che te lo possa permettere. ”
    Cos’era il Sogno americano, in effetti, se non la più sublime autocelebrazione dell’inutile?