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“IN BALIA DI UNA FALSA COSCIENZA”: DA IMPASTATO ALL’ HOMUS SAVIANUS FRA SANTINI E MEMORIE CALPESTATE
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 Quando Giorgio Gaber cantava “Non insegnate ai bambini ,non insegnate la vostra morale è così stanca e malata potrebbe far male,forse una grave imprudenza è lasciarli in balia di una falsa coscienza“, a chi lottava in Italia e in Europa, era ancora abbastanza chiara la consapevolezza di dover fare i conti  quotidianamente con il potere e con lo Stato nelle sue più diverse forme e manifestazioni. La dialettica fra potere e” antipotere”, per dirla con Holloway, base di ogni prassi politica, costituiva nel mondo pre-savianiano, il sottinteso dell’azione di ogni gruppo o individuo che decideva di perseguire la giustizia sociale anzichè accendere un cero al codice penale.

La “morale” che Gaber invitava a non insegnare ai bambini, apparte scandallizare, in un rifiuto di una logica autoritaria, possiamo configurarla in una critica all’accettazione di un congiunto di imperativi categorici che la società , trasversalmente rispetta, dal contadino, all’imprenditore al soldato.

Se ci fermiamo un secondo a pensare ci accorgiamo con una certa facilità che essendoci  una galassia di interessi contrapposti che si combattono in una società, è una buffonata pensare che una “morale” si possa insegnare.

Tuttavia l’Italia è paese di santi poeti e navigatori e i santi, in questo caso, al libro paga dell’ignoranza,  hanno prodotto il miracolo che nel corso degli anni ci ha regalato un discorso morale, un dispositivo trascendente che dovrebbe risolvere il grande dramma di vivere in una società capitalista, ovvero ontologicamente conflittuale: il culto della legalità.

Nessuna lezione verrà impartita, da un punto di vista politico-filosofico sull’inconsistenza di tale culto.

 Solamente con il soggeto migrante clandestino il dispositivo legalitario si sgretola sul muro della realtà nel tentativo di ottenere “un mondo senza soprusi”  sempre camminando nel seminato, utilizzando gli attrezzi di chi i soprusi li produce,li esalta e benedice quotidianamente da secoli.

Molto più interessante è vedere come davanti a tagli delle reti, sabotaggi, occupazioni e organizzazione della protesta al di fuori dei canali suggeriti dalle istituzioni, il culto dell’impegno per il famoso” mondo senza soprusi”, ( che detto per inciso dovrebbe essere quello bianco-europeo visto che gli altri sono illegali),  svanisca in un arroccamento feroce su posizioni, che come quelle piddine,dovrebbero essere considerate, come la semplice appartenenza a tale tendenza,(n.r la piddina), apologia di reato.

Altro che Paolino Di Canio a braccio teso.

Ed ecco però che la religione della legalità viene somministrata ai nostri giovani, ai bambini. La lista dei personaggi abusati dalla nazionale della legalità è molto lunga e passa per sentieri sempre nuovi e sorprendenti.

Danilo Dolci che oggi vivrebbe da No Tav e riceverebbe i domiciliari dal magistrato Caselli,  diventa un democratico, un cittadino impegnato e dato in pasto alle curiosità dei giovani rivoluzionari di Libera & Co.

Poco importa se sono essi parte della famiglia piddo-legaloide dei magistrati e degli iquisitori del movimento No Tav, la cosa esilarante, è che il povero Dolci, , viene venerato direttamente dalla magistratura e dalle stutture ad essa funzionali,in una sorta di atto di necrofilia recidivo.

Quel Danilo Dolci che scriveva “Essere rivoluzionari con la violenza è essere rivoluzionari solo a metà», quel Danilo Dolci che occupava terre.

Nelson Mandela da membro dell’organizzazione ANC, terroristica o partigiana a seconda di quanto si abbia rispettivamente frequentato Karl Schmidt, diventa un appassionato cittadino impegnato nella riconciliazione.

  E così via e così via. . ., fino a sventrare e ripulire ogni traccia di illegalità e di lotta da figure che fanno appello all’immaginario conflittivo di molti, ma possono essere navigati e sellati per dare forza ai dispositivi di controllo e di biopotere che ogni giorno ci negano il diritto alla rivolta e restituire ai nostri occhi un necrologio quotidiano di stimabili cittadini per bene da prendere a modello.

Accade tutti i giorni e ormai nella commemorazione di martiri che conosciamo solo per ciò che troviamo ( pardon trovano) , accettabile, sdoganiamo l’idea di una miltanza possibile solo nei circuiti della legalità, sputando sopra la memoria di intere generazioni e venerando martiri che non volevano candele ma lotte. Il carcere si trasforma dall’ ” unico posto per un uomo giusto” , ad un luogo di stigmatizzazione sociale per chi ci entra per reati politici e sociali.

Un circolo del PD, il circolo di Formia, viene intitolato a Peppino Impastato e così via e così via. Studenti vengono picchiati nelle università, attivisti arrestati in tutto il mondo, isolati, marcati a fuoco per la loro diversità, la loro inspiegabile insubordinazione nel non accettare l’applicazione di un paradigma , quello legalista, diffuso moltissimo in quell’area chiamata sinistra, che ogni giorno resetta la testa dei “nostri bambini“.

Dalla scuola, alla caserma, al supermercato alla politica tutto si svolge nel marco normativo della legalità e come scrive uno dei suoi sacerdoti, che in questo giorno 9 maggio festeggia la querela da parte del Centro Peppino Impastato per menzogne nel libro  “Parole di camorra”(http://www.romatoday.it/blog/libri/saviano-diffididato-centro-peppino-impastato.html), la legalità si converte nel primo problema da risolvere:

La legalità è la premessa del dibattito politico, o almeno dovrebbe esserlo. La premessa e non il risultato.”

A mio figlio invece vorrò raccontare un altro Peppino Impastato e si,  forse sbaglierò   ma nel non  insegnagli la vostra morale  mi permetterò pure di raccontargli che  la legittimità , come mi ha insegnato qualcuno “è madre della giustizia e non il contrario“.

Diével

 

 

 

 

 

2 Comments to ““IN BALIA DI UNA FALSA COSCIENZA”: DA IMPASTATO ALL’ HOMUS SAVIANUS FRA SANTINI E MEMORIE CALPESTATE”

  1. the Dog ha detto:

    Caro Luca,

    Grazie innanzitutto del commento all’articolo di Dievel!

    Come vediamo il mondo e la società sono effetivamente temi che meritano di essere discussi sempre ma che sono difficilmente sintetizzabili in un editoriale o in un commento.
    Questo blog, questa idea di comunità resistente virtuale, nasce dalle pratiche resistenti, che pratichiamo, abbiamo praticato, osserviamo e continuiamo a cercare di imparare dai maestri più strani nei posti più diversi fra loro. Pratiche resistenti, pratiche di lotta, di sofferenza, a volte di sacrificio profondo che figure come Danilo Dolci e Impastato hanno appunto sperimentato per tutta la loro vita. La “morale” di cui si parla nell’articolo, nel suo senso Gaberiano, quindi non esente da critiche serie come la tua, è riferita a quel culto per la legalità,a quell’Homus Savianus che col concorso esterno di innumerevoli altre ragioni, dal ruolo di poliziotto del PCI da quando esiste fino alla criminalizzazione dei NO TAV,alla sconfitta del movimento no global a Genova e alla feroce repressione che in Italia colpisce ogni giorno chi si ribella, ha insegnato e continua ad appropiarsi, della storia di figure , in questo caso Impastato, che lottavano con la stessa consapevolezza di chi sceglie la legittimità e non la legalità. Se proprio vogliamo raccontare qualcosa su questi personaggi anziché rinnovarne le lotte, raccontiamole bene le storie! Per noi è importante la questione perché tanta gente potrebbe scoprire che quelle stesse figure mitologiche che gli vendono come esempi i giornali , i partiti, le associazioni, sono le antitesi viventi dei maestri che le utilizzano, (Impastato- sezione del pd intitolata a suo nome è solo un minuscolo esempio). Questo comuqnue il senso dell’articolo.

    Se il problema numero 1 dell’Italia si chiama corruzione e mafia , beh non siamo d’accordo, ma comunque se si sabotano i compressori di una ditta a cui è stata revocata la certificazione antimafia solo un anno fa,ci sembra un degno omaggio a Peppino. Continua a seguirci!

    Radiodog

  2. Luca ha detto:

    Avrei qualcosa da ridire sull’argomentazione “essendoci una galassia di interessi contrapposti che si combattono in una società, è una buffonata pensare che una “morale” si possa insegnare”. Il punto è che la morale, come ci insegna magistralmente Kant, è tale ed è universale proprio perchè non si fonda sugli interessi di singoli o di gruppi, in quanto tali sempre particolari e in conflitto tra loro; ma sull’intenzione pura e formale di agire in modo buono, e quindi disinteressato. La morale non ha fini egoistici,neppure quello del raggiungimento della propria felicità, che è sempre qualcosa di contingente; non mira ad altro che a realizzare se stessa: per questo è un imperativo categorico, che non soggiace ad alcun interesse particolare ma si fonda esclusivamente sulla libertà. Questo a livello di chiarificazione concettuale. Poi le incarnazioni pratiche della morale nelle azioni dei singoli sono sempre commiste ad interessi, e quindi criticabili e rivedibili; e ogni azione deve inoltre fare i conti con le proprie conseguenze, che non sono mai neutrali. Ma io condivido il punto che il fondamento della morale risiede nell’intenzione pura, e in quanto tale non ha nulla a che fare con gli interessi,a differenza della legalità che invece ne è il compromesso.
    Per cui certo, morale e legalità sono cose radicalmente differenti, e talvolta contrapposte: una moralità risolta in legalità sarebbe la peggiore delle aberrazioni (tentazione non a caso propria dei totalitarsmi) perchè toglierebbe alla moralità quella componente di libertà che appunto la caratterizza. Quindi sì, rifiutiamo i semplicistici richiami alla legalità che la confondono con un’incarnazione dell’ordine morale.
    Non dimenticherei però la situazione dell’Italia che in tutto questo a mio avviso non si contraddistingue per un eccesso di legalità diffusa, ma per un illegalismo dilagante che non mira certo al proporre un ordine più giusto, ma piuttosto a farsi più comodamente gli affari propri o a compiere ingiustizie restando impuniti. In tutto questo l’antropologia dell’uomo legalista, che io non condivido in toto, è sicuramente più desiderabile, oltre che decisamente minoritaria.
    Non credo comunque che la soluzione per sconfiggere corruzione, mafie e opacità sia il richiamo al semplice rispetto delle leggi come tali; come non credo che l’opposto culto della lotta al di fuori del seminato della legalità sia di per sè garanzia di emancipazione. Piuttosto serve ripristinare una modalità di vita fatta di reciprocità e condivisione di relazioni, come ci ha insegnato Danilo Dolci, oppure come fa Rosario Esposito La Rossa a Scampia, un giovane scrittore e allenatore di calcio di 24 anni, il cui cugino disabile è vittima innocente di camorra. L’ho conosciuto qualche giorno fa, e penso che Peppino Impastato si sarebbe trovato bene con lui.